Martedì 31 dicembre 2019
Eccoci già alla fine del nostro incontro europeo. Ancora una volta ringraziamo calorosamente coloro che ci hanno accolto, le famiglie, le parrocchie, la città e la regione di Wroclaw, e anche i Polacchi che da diverse regioni sono venuti a collaborare e a fare in modo che ci sentissimo così ben ricevuti.
Durante questi giorni trascorsi insieme, abbiamo espresso la nostra volontà di costruire un futuro di pace. Dapprima nella nostra vita personale, nelle nostre famiglie, nei nostri luoghi di studio e di lavoro. E anche nei nostri paesi e oltre, in Europa e nel mondo.
Abbiamo visto con i nostri occhi la nostra grande diversità e abbiamo potuto gioirne.
Nel continente europeo, ogni paese, ogni popolo, ogni regione contribuisce a formare il mosaico che costituisce la nostra parte del mondo. Lungi dal voler uniformare il nostro continente, dovremmo valorizzare le specificità locali, la varietà di tradizioni e culture.
Non dimentichiamo che la storia a volte ha lasciato ferite profonde! Cerchiamo di capire gli sviluppi nelle varie parti del nostro continente. Facciamo tutto il nostro possibile per smascherare, dapprima in noi stessi, i pregiudizi che possiamo avere sugli altri. Non abbiamo paura dei nostri vicini, mettiamoci sempre più in ascolto gli uni degli altri.
La libertà ritrovata 30 anni fa per tutto il nostro continente è stata dura da raggiungere. Molti, soprattutto qui in Polonia, hanno pagato un prezzo elevato per guadagnarla. Per alcuni, il radicamento nella fede è stata la fonte del loro impegno, talvolta a rischio della loro vita.
Questa lotta per la libertà è stata segnata da eventi sorprendenti, tra cui il perdono che i cristiani di Polonia hanno accordato al popolo tedesco dopo la Seconda Guerra mondiale. Ciò ha contribuito alla riconciliazione, a un nuovo inizio, che è uno dei miracoli della storia del nostro continente.
Se facciamo memoria di tali eventi, che sono sorti in tempi di tensione o di incomprensione, è per attingervi la speranza che anche oggi un nuovo futuro è possibile. Certo, le sfide sono differenti, come abbiamo potuto vedere attraverso i temi sviluppati nei laboratori di questi giorni.
Ora ognuno di noi tornerà a casa. Ma, più che mai, ci abita la consapevolezza che siamo parte di una grande comunione, la comunione della Chiesa. In questa città di Wroclaw, avete ringiovanito il volto della Chiesa.
In un mondo che cambia, dobbiamo cercare come esprimere il Vangelo in un modo sempre nuovo. Nella disponibilità e nella fiducia di Maria troviamo un esempio: giovanissima, ha accettato l’inimmaginabile, diventando la madre di Cristo, aprendo così la strada a un nuovo inizio per l’umanità.
Mentre l’evoluzione dell’umanità conosce una svolta, lasciamoci guidare dalla verità, l’umiltà e la gioia di Cristo! Così potremo preparare le strade che egli intraprende per venire oggi in mezzo a noi. Ci darà l’immaginazione necessaria per andare avanti nel mondo di domani, rimanendo sempre in cammino, ma mai sradicati.
Lunedì 30 dicembre 2019
Abbiamo appena letto una delle prime pagine della Bibbia. Questo racconto poetico della creazione sottolinea la responsabilità degli esseri umani nell’universo: prendersi cura della terra e preservarla. Questa responsabilità è affidata da Dio all’umanità.
Vorrei ringraziarvi e incoraggiarvi, giovani. Voi prendete questa responsabilità molto sul serio. A Taizé siamo impressionati nel vedere l’impegno di tanti di voi nella salvaguardia del creato, la protezione della biodiversità, la semplificazione dei nostri stili di vita.
Con quelli della mia generazione, dovremmo scusarci per aver così tanto trascurato questa responsabilità. Il consumismo ha occupato troppo spazio, come se la felicità fosse ridotta a questo. Ci incoraggiate a cambiare il nostro modo di vivere, affinché diventi più sobrio e più focalizzato sull’essenziale.
Lo leggerete domani mattina nel testo delle “Proposte per il 2020”: di fronte all’emergenza climatica e ambientale, è possibile una testimonianza comune delle diverse confessioni cristiane. Sì, c’è lì una bella chiamata a ritrovarci attorno a iniziative ecumeniche.
Per affrontare queste grandi sfide di oggi, dobbiamo sapere dove appoggiarci. In questi giorni, ci lasciamo ispirare da questa parola: “Sempre in cammino, mai sradicati”. Essere sempre in cammino non significa vivere in un’instabilità permanente, abbiamo bisogno di mantenere le nostre radici piantate in una realtà che non cambia.
Recentemente ho parlato con una volontaria che è a Taizé per diversi mesi. Viene dal Giappone e ha fatto parte delle equipe che vanno in aiuto alle vittime dello tsunami nella regione di Fukushima. Sento ancora le sue parole: “Laggiù ci sono così tante persone sradicate, hanno perso tutto”.
A volte ci sentiamo così impotenti di fronte alla sofferenza. Ricordiamoci allora che la preghiera è per noi un cammino sempre aperto. Affidare a Dio un’altra persona o una prova che stiamo attraversando noi stessi, cambia qualcosa? Non lo sappiamo, e fortunatamente non possiamo misurare la risposta di Dio alle nostre preghiere. Dio supera di gran lunga i nostri calcoli.
Ma una cosa è certa: affidando tutto a Dio, entriamo in profonda solidarietà con il prossimo, ci uniamo alla solidarietà di Cristo stesso che soffre oggi con colui o colei che sta attraversando una prova. La preghiera ci mette in cammino, ci rende responsabili degli altri e di noi stessi.
Quando cominciamo a pregare, possiamo essere distratti, o le parole vengono solo con difficoltà. Ricordiamoci allora che, nel più profondo di noi stessi, Cristo Gesù è lì, ci conosce. La nostra preghiera può essere molto povera, ma comprende il nostro cuore. Osiamo prenderci dei momenti di riposo con lui, da soli o in una bella preghiera con gli altri.
Questa sera vorrei ancora una volta ringraziare tutti coloro che ci accolgono, soprattutto coloro che hanno aperto le loro porte per ospitare i pellegrini, come anche i responsabili delle comunità cristiane di Wroclaw e le autorità civili. Alcuni sono qui con noi stasera.
Il nostro pellegrinaggio di fiducia continuerà. Tra poco più di un anno conoscerà una tappa del tutto eccezionale: con dei giovani di molti paesi andremo in Terra Santa. Sarà in febbraio 2021. Dopo il nostro incontro dello scorso marzo a Beirut, vorremmo esprimere la nostra solidarietà a quelli e quelle che in Medio Oriente cercano la pace.
Prima ci sarà il nostro prossimo incontro europeo. Ci incontreremo in un paese da tutti noi molto amato. Torneremo nel sud del nostro continente. Dal 28 dicembre 2020 al 1o gennaio 2021, saremo accolti a Torino.
Domenica 29 dicembre 2019
Stasera vorrei dire alcune parole su un recente evento nel nostro pellegrinaggio di fiducia: un incontro di giovani a Città del Capo, in Sudafrica, su invito delle differenti Chiese della città.
Il Sudafrica è un grande paese che ha mostrato al mondo la forza della protesta contro l’apartheid e l’esempio di una transizione non violenta. Eppure le ferite della storia sono ancora profonde: i nostri fratelli che vi hanno vissuto per due anni hanno potuto rendersene conto.
I bianchi, i neri e i coloured hanno modi di vita diversi e si incontrano poco. I quartieri sono separati e ci sono pochi passaggi. In questo contesto, era difficile chiedere alle persone di accogliere un giovane per cinque giorni senza sapere in anticipo se sarebbe stato di razza nera, bianca o mista ...
In una delle riunioni preparatorie, una donna disse: “Certo, abbiamo paura, ma sappiamo che dobbiamo farlo”. Aprire la propria porta a uno sconosciuto non è mai scontato. A Città del Capo, la sfida era ancora maggiore.
All’inizio dell’incontro ho detto ai 2000 giovani: “Non abbiamo un messaggio particolare da darvi da Taizé. Siete voi che vivete il messaggio del nostro incontro accogliendovi vicendevolmente”.
In tutti i nostri paesi, siamo portati a ricevere coloro che vengono da altrove, a volte da molto lontano. Questo ci sconvolge e può renderci insicuri. Allo stesso tempo, ci arricchisce enormemente. In Polonia, voi accogliete molte persone dall’Ucraina che vengono qui a lavorare. A questo proposito, siamo felici che nel nostro incontro, dopo i Polacchi, siano gli Ucraini i più numerosi.
A Taizé, posso esserne testimone, riceviamo molto dall’accoglienza dei rifugiati, forse più di quanto diamo. Certo, non è sempre facile. Una delle prove che abbiamo dovuto affrontare è stata la morte del giovane Samir. Dopo aver lasciato il suo paese, il Sudan, aveva sperimentato la schiavitù in Libia, poi la traversata del Mediterraneo su una nave di fortuna.
Ed ecco che arrivato in Francia, dopo alcune settimane una malattia cardiaca lo ha portato via. È stato un grande shock. Alcuni mesi dopo, sono potuto andare in Sudan e far visita a sua madre. L’ho trovata in una povera casa a Khartum. Le sue lacrime erano inesauribili.
E poi ad un certo punto si è e ha detto: “Dio l’ha dato, Dio l’ha ripreso, che il nome di Dio sia benedetto”. Non dimenticherò mai quell’incontro; custodisco nel mio cuore quella parola ricevuta da questa madre, che è musulmana.
Altri vivono come stranieri su questa terra, non perché vengono da lontano, ma perché sono emarginati. Può essere una sofferenza legata alla solitudine o all’abbandono, alla violenza subita o ancora alla malattia, alla precarietà o alla disoccupazione ... Certe povertà saltano agli occhi, ma ci sono anche delle povertà meno visibili.
Anche tra coloro che materialmente non mancano di nulla, alcuni si domandano che senso abbia la loro esistenza, sono come senza appartenenza, stranieri sulla terra. Come possiamo farci vicini, ascoltarli e lasciarci coinvolgere?
L’attenzione umana per gli altri, la fraternità sono tra i valori più importanti. Domani mattina, nelle vostre parrocchie d’accoglienza, potrete interrogarvi su questo nei piccoli gruppi di condivisione, partendo dal testo biblico che abbiamo ascoltato questa sera.
Ricordiamoci come Gesù andava verso i malati, gli esclusi, gli stranieri. Vi troveremo un’ispirazione per agire a nostra volta oggi.
Sabato 28 dicembre 2019
Oggi è stata una grande giornata d’accoglienza - un buon inizio d’incontro! È una grande gioia ritrovarci a Wrocław, in questa terra polacca che ha già ospitato quattro volte un incontro europeo: due qui, una a Varsavia e l’ultima volta a Poznań.
Sin da questa sera, vorrei ringraziare quelle e quelli che ci accolgono. Che bella ospitalità! Che tutti i giovani siano accolti in famiglie è un segno del Vangelo. In Polonia, si dice spesso: “Gość w dom, Bóg w dom” – “L’ospite in casa, è Dio in casa”.
Oggi, al vostro arrivo qui, avete ricevuto le "Proposte 2020" che hanno come titolo: “Sempre in cammino, mai sradicati”. Queste parole descrivevano, molto tempo fa, la vita di una donna polacca, Urszula Ledochowska.
Anticipando i tempi, è stata una cittadina d’Europa: ha visitato molti paesi dove le suore della sua congregazione delle Orsoline iniziavano a stabilirsi. Alcune di queste sorelle vivono oggi a Taizé e ci aiutano, con le suore di Saint-André, ad accogliere e accompagnare i giovani.
La fede qui in Polonia ha dato a molte persone un radicamento profondo, che ha permesso loro, anche nelle avversità, di dimostrare coraggio e audacia straordinari. A nostra volta, vorremmo radicarci più profondamente nella fede, accogliendo l’amore di Dio per ciascuno e ciascuna di noi.
Siamo riuniti in una grande diversità di popoli, origini, opinioni ... Questa diversità non ci impedisce di vivere un’esperienza di comunione. Al contrario, senza dubbio essa ci fa toccare da vicino la volontà di Dio per noi: è lui che vuole riunirci in unità, attraverso Cristo che è comunione.
E questa unità nella diversità è una testimonianza che trascende i confini della Chiesa. Nelle sfide del mondo di oggi, nei tempi difficili che il continente europeo sta attraversando, possiamo cercare di portare ancora più lontano questo messaggio di comunione.
Nel 1989 eravamo qui a Wrocław, un momento storico. Soffiava un vento di entusiasmo e libertà e destava una bella speranza. Oggi, questa nuova tappa del nostro pellegrinaggio di fiducia si svolge in un contesto più difficile.
Ma il nostro incontro è ancora più importante: vogliamo far crescere l’unità e la solidarietà per assumere meglio la nostra responsabilità nel mondo.
In questa unità e solidarietà che cerchiamo di vivere, vorremmo che i più poveri avessero il loro posto. Nelle vostre parrocchie d’accoglienza incontrerete persone che aiutano coloro che sono emarginati, malati, che visitano prigionieri, stranieri… così tanti segni di speranza.
Sempre in cammino, mai sradicati. Abbiamo ascoltato questa sera il passo dal libro della Genesi che ci presenta la figura di Abramo e che sottolinea come ha lasciato tutto, sulla promessa di Dio, per andare con sua moglie Sara, verso un paese che era per loro sconosciuto.
A nostra volta osiamo questo radicalismo! Crediamo che Dio ci guida. Ci fa lasciare la paura per entrare nella fiducia. Fiducia in lui, fiducia negli altri. Questa fiducia in Dio ci chiama a lasciare le nostre false sicurezze.
Facciamo affidamento sulla presenza dello Spirito Santo. Ci farà dono d’essere coraggiosi nei tempi di prova e anche l’inventiva necessaria, in questa fase della storia umana dove tutto cambia con una velocità vertiginosa. Sì, ci fa lasciare la paura per entrare nella fiducia.