Frère Alois, Strasburgo, martedì sera 31 dicembre 2013
Ieri vi ho detto che se cerchiamo una riconciliazione tra i cristiani, non è per essere più forti. Non è nemmeno per ripiegarci su noi stessi. No, noi cerchiamo la riconciliazione dei cristiani perché essa sia un segno di Vangelo, e possa diventare un fermento di avvicinamento tra gli umani e tra popoli.
Una comunione visibile tra tutti coloro che amano Cristo, tra tutti quelli che pongono la fiducia in Cristo, si può realizzare solo se mettiamo al centro della nostra vita il perdono e la riconciliazione. Ciò vale anche per creare la pace nella famiglia umana attraverso la terra, anche lì il perdono e la riconciliazione sono valori fondamentali.
Nella famiglia umana, le ferite della storia lasciano cicatrici profonde e segnano per generazioni le coscienze e le mentalità. Ma le umiliazioni subite non devono necessariamente portare alla violenza. Esse possono essere guarite non con la vittoria degli uni sugli altri, ma quando i cuori fanno posto al rispetto della dignità degli altri.
La storia recente del Sudafrica ci dà un esempio. Anche se il cammino verso una maggiore giustizia è ancora lungo, Nelson Mandela, offrendo il perdono, ha reso possibile una guarigione delle ferite che sono state comunque terribili nel passato di questo paese.
E qui a Strasburgo, ricordiamo che, nel secolo scorso, dopo guerre sanguinose, alcune persone sono riuscite ad avviare la Francia e la Germania, poi tutta l’Europa, su un cammino di perdono e riconciliazione.
Con il nostro incontro qui a Strasburgo, città simbolo della riconciliazione in Europa, vogliamo esprimere una riconoscenza che non può essere abbastanza grande per quei operatori di pace.
Senza perdono, non c’è futuro nella vita personale di ciascuno e nemmeno nelle relazioni tra i paesi. A volte il perdono sembra impossibile. Però questa impossibilità momentanea non deve significare un rifiuto definitivo. Mantenere e se possibile esprimere il desiderio di perdonare è già un primo passo verso la guarigione.
Per giocare il loro ruolo, i giovani di oggi hanno in ogni caso una possibilità: rifiutarsi di trasmettere alla prossima generazione i rancori e le amarezze legate alle ferite della storia a volte ancora vive. Non si tratta di dimenticare un passato doloroso, ma d’interrompere la catena che perpetua i risentimenti e quindi guarire gradualmente la memoria con il perdono.
Come cristiani, dovremmo essere in prima linea per vivere la riconciliazione, anche là dove umanamente una situazione sembra disperata. Cristo è venuto a perdonare tutto. Prendendo su di sé la violenza degli uomini, ci ha liberati. E ci promette di trovare la gioia se lo seguiamo sulla strada del perdono.
Vorremmo anche avere una più viva consapevolezza che lo spirito di riconciliazione implica una condivisione, una più equa distribuzione delle ricchezze della terra. Abbiamo iniziato insieme un percorso che ci porterà a vivere più profondamente la solidarietà tra gli esseri umani. Queste nuove forme di solidarietà, cercheremo di formularle a Taizé nel 2015.
Sarebbe molto importante che i giovani europei non si accontentassero di un’Europa riconciliata, ma che costruissero un’Europa aperta e solidale: solidale tra tutti i paesi europei, ma anche con gli altri continenti, con i popoli più poveri.
Tutti possono partecipare a una civiltà basata non sulla sfiducia, ma sulla fiducia. Nella storia talvolta sono bastate poche persone per far pendere la bilancia verso la pace. Tornati a casa, nei nostri diversi paesi, cerchiamo di essere a causa di Cristo e del Vangelo, questi pellegrini di pace e di fiducia .
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Frère Alois, Strasburgo, lunedì sera 30 dicembre 2013
(all’inizio della preghiera): L’apertura ecumenica ha una lunga tradizione in Alsazia e nell’Ortenau. Ringraziamo vescovi, pastori, preti, laici, cattolici, ortodossi, protestanti, per le molteplici iniziative ecumeniche che hanno segnato la preparazione del nostro incontro di Strasburgo. Grazie all’arcivescovo Grallet, al vescovo evangelico Fischer, al padre ortodosso Vasile Iorgulescu, al presidente Collange, all’arcivescovo Zollitsch che ora ci parleranno a cinque voci.
(al termine della preghiera): Durante il prossimo anno, ci domanderemo: che cosa dobbiamo fare perché la Chiesa sia maggiormente comunione? Tante persone, sofferenti dello stress dell’esistenza quotidiana, cercano un conforto spirituale, hanno sete di pace interiore. Che cosa fare affinché, con la sua vita, la Chiesa renda più accessibile la sorgente del Vangelo dove le persone possono accostarsi per dissetarsi?
Vorremmo tanto veder profilarsi quell’immagine della Chiesa che frère Roger descriveva con queste parole: «Quando incessantemente la Chiesa ascolta, guarisce, riconcilia, essa diventa ciò che ha di più luminoso in se stessa, una comunione d’amore, di compassione, di consolazione, limpido riflesso del Cristo risorto. Mai distante, mai sulla difensiva, liberata dalle severità, può irradiare l’umile fiducia della fede fin nei nostri cuori umani».
Affinché la Chiesa diventi sempre meglio questo luogo d’accoglienza e di comunione, non è forse giunto il momento di compiere nuovi passi concreti di riconciliazione tra cristiani separati? Dei cristiani riconciliati fanno sentire molto più chiaramente la voce del Vangelo in un mondo che ha bisogno di fiducia per preparare un futuro di giustizia e di pace.
Attualmente, rischiamo di fermarci ad una semplice tolleranza. Ma il Cristo vuole riunirci in un solo corpo.
Vorrei trovare le parole giuste per chiedere ai cristiani delle differenti Chiese: non c’è un momento in cui bisognerebbe avere il coraggio di metterci insieme sotto lo stesso tetto, senza aspettare che tutte le definizioni teologiche siano pienamente armonizzate?
Non è possibile esprimere la nostra unità nel Cristo (lui che non è diviso), sapendo che le differenze che rimangono nell’espressione della fede non ci dividono? Ci saranno sempre delle differenze: certune saranno normali soggetti di discussione, altre potranno anche essere un arricchimento.
Con i cristiani delle altre confessioni, facciamo tutto ciò che è possibile fare insieme; facciamo nulla senza tener conto degli altri.
Per facilitare questo itinerario, abbiamo alla nostra portata due cammini. Il primo: in una preghiera semplice volgerci insieme verso il Dio vivente. Il secondo: ritrovarci insieme nel servizio dei più poveri. Allora, veramente, in questo modo annunciamo insieme il Vangelo!
Mettendoci sotto lo stesso tetto, non abbiamo paura che la verità del Vangelo sia diluita. Fidiamoci dello Spirito Santo. Non si tratta di metterci insieme per essere più forti, ma per essere fedeli a Cristo mite e umile di cuore. Da lui impariamo che la verità si fa sentire attraverso l’umiltà.
Papa Francesco non ci indica forse la direzione mettendo come priorità per tutti l’annuncio della misericordia di Dio con le nostre vite? Non manchiamo il momento provvidenziale che si presenta per esprimere la comunione visibile di tutti quelli che amano Cristo.
Cercare come rendere più visibile questa comunione attorno al Cristo, sarà la riflessione di domani e voi vi interrogherete su questa parola di Gesù: «Dove due o tre sono uniti nel mio nome, io sarò in mezzo a loro».
Cercare come rendere più visibile questa comunione e, per essa, diventare più capaci di creare una nuova solidarietà tra gli umani, sarà anche l’obiettivo del nostro pellegrinaggio di fiducia durante il prossimo anno. Come esso continuerà?
Se l’anno 2013 ci ha resi attenti ai giovani asiatici, l’anno prossimo, il 2014, ci permetterà di metterci all’ascolto di giovani d’America. Il nostro pellegrinaggio farà delle tappe in aprile-maggio in Texas e in Messico, poi in ottobre nei Caraibi dove avremo incontri nella Repubblica Dominicana, in Haiti, a Porto Rico e a Cuba.
Poi ci sarà il prossimo incontro europeo dal 29 dicembre 2014 al 2 gennaio 2015.
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Frère Alois, Strasburgo, domenica sera 29 dicembre 2013
Oggi, vi siete chiesti come creare legami di amicizia. Ma vorremmo andare oltre: andare alla fonte di questa amicizia. Questi giorni potrebbero quindi essere l’occasione per approfondire la nostra fede.
Nel Vangelo che abbiamo appena letto, Cristo ci chiama suoi amici. Ciò significa che l’amore di Dio ci è sempre offerto. Il suo amore è la sorgente di ogni altro amore, di ogni amicizia. La nostra fede in questo amore di Dio non può rimanere un vago sentimento di cui ci accontenteremmo. La nostra fede ha bisogno di diventare una fede adulta.
Nella nostra ricerca per capire l’amore di Dio, a volte potremmo essere tentati di dimissionare perché ci sentiamo sopraffatti, o perché tutte le nostre forze sono assorbite per organizzare il concreto della nostra esistenza.
La fede non è un sistema che possa dare una spiegazione a tutto. Dio non agisce semplicemente per rispondere alle nostre aspettative, nella nostra vita o nel mondo. Perciò in ognuno di noi il dubbio può coabitare con la fede. Forse, col tempo, diventiamo più sensibili alla incomprensibilità di Dio. Che questo non ci spaventi!
Al contrario, questo può portarci a scavare più profondamente per trovare la fonte di fiducia in Dio . Conoscere le sofferenze e i fallimenti ci può portare a fidarci maggiormente dell’amore di Dio che è al di là di tutto, che sfugge al nostro controllo .
Come trovare questa fiducia? Due atteggiamenti ci sostengono. Il primo, stare in silenzio davanti a Dio. Certo, come figli possiamo nella preghiera dire le nostre richieste a Dio. Ma andiamo oltre! La preghiera non serve solo per chiedere questo o quello, ma per aprirci a Dio nel silenzio dei nostri cuori, per metterci sotto il suo sguardo di amore.
Se Cristo ci chiama suoi amici, è perché Dio attende il nostro amore. Sì, io che sono fragile, imperfetto, Dio si fa mendicante del mio amore che gli esprimo nella mia povera preghiera.
Il secondo atteggiamento: guardare, ascoltare Cristo. Pur essendo Figlio di Dio, Gesù ha conosciuto il silenzio di Dio. Con la sua morte e risurrezione ha preso su di sé tutto il dramma della nostra vita, i nostri fallimenti, i nostri peccati, la nostra violenza.
Anche nella notte più buia Gesù ha creduto nell’amore di Dio. Perciò può guidarci, non perché le tenebre ci vengano risparmiate, ma per attraversarle con noi, assicurandoci la presenza invisibile dello Spirito Santo.
E l’amore di Dio cresce nella nostra esistenza nella misura in cui noi lo trasmettiamo ad altri. Prendiamo seriamente le parole di Cristo che approfondirete domani mattina: "Amatevi gli uni gli altri". E anche quest’altra parola: " Amate i vostri nemici". Che esigenza! Ma anche che forza!
Decidiamoci ad accogliere l’amore di Dio e lasciare che trasformi la nostra vita. Se vi amate gli uni gli altri, dice Gesù, tutti sapranno che siete miei discepoli.
Ieri sera, vi dicevo che Cristo ci chiama ad allargare la nostra amicizia intorno a noi. Durante il recente pellegrinaggio che, con alcuni miei fratelli, abbiamo fatto in Asia, abbiamo incontrato dei cristiani, in particolare dei giovani, che cercano di essere questi testimoni di amicizia.
Nella maggior parte dei paesi asiatici, i cristiani sono una minoranza. Ma molti sono fermenti di pace e di libertà là dove si trovano. Ho visto questo in Myanmar, in India, l’ho visto in Cina. Quei cristiani portano una parola di incoraggiamento che vorrei trasmettervi.
In Corea ho misurato la sofferenza che suscita la separazione del paese in due Stati. Ci vuole coraggio per fare passi di riconciliazione e aumentano sempre più coloro che hanno questo coraggio. In Corea del Nord, abbiamo potuto condividere il silenzio di coloro che aspettano un cambiamento. Preghiamo per gli abitanti di questo paese!
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Frère Alois, Strasburgo, sabato sera 28 dicembre 2013
Siamo venuti a Strasburgo come pellegrini di pace e di fiducia in questa città, in questa regione d’Europa, che è oggi un simbolo di riconciliazione dopo le terribili guerre del 20° secolo.
Vorremmo subito ringraziare quelle e quelli che ci accolgono. Che bella ospitalità! Quando stasera sarete rientrati, ditelo alle famiglie che vi ospitano. Il fatto che giovani stranieri giunti per l’incontro siano tutti accolti nelle famiglie, su ambedue i lati del confine, è un segno di speranza.
Abbiamo appena ascoltato nel Vangelo Gesù che chiama Levi a seguirlo. Lasciamoci interpellare da questo racconto. Senza esitare, Levi decide di seguire Gesù. Poi prepara un banchetto che coinvolge persone di tutti i tipi.
Quello che vorremmo scoprire in questi giorni è un po’ come questo pasto da Levi. Mettendoci al seguito di Gesù, ci rendiamo conto che, alla sua tavola, c’è un posto per tutti, e quindi per ciascuno di noi. Non perché siamo all’altezza della sua chiamata, ma perché ci ama. Gesù dà persino il posto d’onore a coloro che sembrano lontani da Dio o che si sentono lontani da Lui.
Gesù offre la sua amicizia a tutti. E questa amicizia che Gesù mostra, possiamo anche viverla tra noi. Coloro che amano Cristo su tutta la terra, formano al suo seguito come una grande comunità di amicizia.
Creare, consolidare una comunità di amicizia: non è forse un contributo che i cristiani possono portare in vista del futuro delle nostre società? Ci sono tante sfide da affrontare: la disoccupazione, la precarietà, il divario tra ricchi e poveri, dentro in ciascun paese e tra le nazioni, e, collegato a questo, il degrado ambientale. Molti giovani aspirano a un altro tipo di organizzazione economica.
Possiamo trovare risposte a queste sfide senza prima creare legami di amicizia? Cristo, per mezzo dello Spirito Santo, ci invita a lasciare dietro di noi lo spirito di rivalità, che suscita opposizioni, ingiustizie, e diventare creatori di amicizia, artigiani di pace.
Cristo ci chiama tutti ad allargare la nostra amicizia. E possiamo farlo in modo molto semplice, proprio come faceva Gesù, con un pasto condiviso, una visita, e soprattutto diffondendo intorno a noi il perdono e la fiducia. Durante tutta la nostra vita possiamo essere dei pellegrini di fiducia.
Domani mattina rifletterete insieme su questo. Avete trovato nel libretto dell’incontro quattro proposte per il 2014. Esse vi saranno d’aiuto in questi giorni, e anche quando tornerete a casa, nei vostri differenti paesi, per cercare l’unità visibile, l’amicizia, di tutti quelli che amano Cristo, cioè di coloro che ripongono la loro fiducia in Lui e ancor più, anche di tutti coloro che vorrebbero essere testimoni di amicizia nel mondo.